LA CUCINA ROMAGNOLA TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE, Se si perdono i sapori; prima o poi si perderanno anche i saperi...........

24/05/2012

Intervista al Dott. Fernando Santucci



Mi presento, sono FERNANDO SANTUCCI, cardiologo per professione e gastronomo per diletto. Faccio parte da circa 30 anni dell’ ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA di cui per 10 anni sono stato delegato per la provincia di RIMINI ed attualmente sono componente del centro studi ROMAGNOLO dell’ACCADEMIA stessa.
Due parole per spiegare cos’è l’Accademia italiana della cucina e quali sono le sue finalità.

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA è stata fondata da ORIO VERGANI nel 1953 per difendere l’identità della nostra tradizione enogastronomica dall’ attacco dei nuovi prodotti che, assieme alla libertà ci avevano portato gli americani. Attualmente la nostra associazione conta circa 200 delegazioni in Italia e 90 all’estero.
E’ un’associazione assolutamente indipendente, che non ha fini commerciali, formata da appassionati gastronomi e da circa 10 anni ha avuto l’alto onore da parte del presidente della repubblica CARLO AZEGLIO CIAMPI di far parte delle ISTITUZIONI CULTURALI DELLA REPUBBLICA ITALIANA.


Fatte queste doverose premesse oggi cercherò di spiegare quali sono “ I RAPPORTI TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE IN CUCINA ”.


Tradizione è una parola molto abusata, citata in varie occasioni, qualche volta a proposito, qualche altra volta a sproposito. Vediamo allora come può essere connotata la parola tradizione da un punto di vista meramente gastronomico e quali sono i comportamenti da attuare per difenderla: tradizione come parola deriva dal latino “traditio” (consegna; trasmetti), e letteralmente vuol dire trasmettere da una generazione all’altra memorie e testimonianze:


• Avere rispetto per la tradizione vuol dire difendere la convivialità ed i valori che ad essa sono legati, considerare la tavola un momento di unione partecipativa e aggregativa, il luogo dove si discute dei problemi, dove si propongono soluzioni, dove si possono concludere affari ,dove si può convitare e nutrirsi con allegria;

• Avere rispetto per la tradizione vuol dire usare per il confezionamento del cibo prodotti della stagione, e del territorio, che siano maturati al sole e che abbiano conservato il loro sapore caratteristico e inimitabile;

• Avere rispetto per la tradizione vuol dire individualizzazione del sapore proprio dei prodotti freschi, difendere la loro peculiarità e rifiutare polpe acerbe di frutta e verdura che di diverso hanno solo il colore della buccia ma che sono indistinguibili dal palato; qui vorrei fermarmi a parlare del gusto e del ruolo fondamentale che lo stesso ha avuto nel passaggio dalla cucina della fame alla cucina del piacere, diceva “ANTHELME BRILLAT SAVARIN” nel suo libro la FISIOLOGIA DEL GUSTO, che le bestie si “SATOLLANO” gli uomini:

mangiano e solo gli eletti sono in grado di apprezzare e gustare la cucina del piacere, il gustare un cibo preparato con arte e fantasia è un piacere sensoriale che coinvolge in maniera più o meno totale i nostri sensi, in primis vista, olfatto, tatto; un piacere orgasmico che deve essere continuamente affinato e stimolato perchè solo chi è in grado di apprezzarlo e appunto gustarlo può dire di aver provato l’estasi; affinare il gusto è quindi un impegno che ognuno di noi deve considerare come una priorità ed allora io vi darò qualche consiglio utile, starà poi alle sensibilità individuali seguirle o meno;


• Avere sempre in mente e chiaro che il tempio del gusto è la bocca; all’interno della bocca ci sono milioni di papille gustative, la lingua è come un’autostrada a 4,5 corsie ognuna deputata a una funzione, assaporare il dolce, il salato, l’amaro, il maturo ,l’acerbo, solo ciò che non ha sapore non viene apprezzato dalla nostra bocca, ed allora è necessario che ognuno di noi se veramente vuole arrivare a gustare la cucina del piacere deve per prima cosa scegliere i prodotti di cui ho parlato, cucinarli con condimenti genuini, non conservati, tenerli il più a lungo possibile in bocca; in una parola GUSTICARLI E NON MASTICARLI; MANGIARE DEVE ESSERE PIACERE E NON UN MOMENTO DI SOPRAVVIVENZA; QUESTA PREROGATIVA LA LASCIAMO AGLI ANIMALI; E A TUTTI COLORO CHE VIVONO LA VITA IN MODO COMPULSIVO.


Naturalmente lo stesso trattamento deve essere riservato alle bevande per sintetizzare: GUSTICARE LENTAMENTE; SORSEGGIARE CON VOLUTTA’ pensando prima al gusto e poi al retrogusto.
Fatta questa doverosa premessa, sul significato e sui valori propri della tradizione, parliamo di innovazione cercando di non rompere il legame che annoda il passato al presente e soprattutto al futuro; infatti il modo migliore per conservare i valori della tradizione è quello di modificarli e adeguarli ai tempi, innovando senza tradirli o snaturarli; è quindi necessario trovare una via di mezzo, una linea mediana ed equilibrata che non cristallizzi ed incartapecorisca la tradizione ma che contemporaneamente non sia così innovativa da stravolgerla e distruggerla cancellando ogni traccia.
E’ partendo da questo concetto basilare che dobbiamo introdurre il termine INNOVAZIONE:

L’innovazione, infatti, deve avere il compito difficile ma fondamentale di esaltare gli insegnamenti della tradizione, modificandoli e migliorandoli, non deve essere, un nuovo libro, ma il nuovo capitolo di un libro che dà senso compiuto a quanto appartiene al passato e vivendo il presente pone le radici per costruire il futuro; solo seguendo questo percorso, L’INNOVAZIONE POTRA’ NEL TEMPO ESSERE CONSIDERATA CONTINUAZIONE E TRIONFO DELA TRADIZIONE.


Fatta questa premessa deve risultare chiaro che l’innovazione priva di questi principi risulterà prima o poi una moda effimera , una crisalide che difficilmente diventerà farfalla e la sua durata sarà breve o come si dice in genere un fuoco di paglia; tipico esempio di quello che dico può essere considerata la NOUVELLE CUISINE, dobbiamo sempre essere consapevoli che la cucina è nella maggior parte dei casi una creazione artistica , un laboratorio di sperimentazione che è in continua evoluzione e più sono preparati e motivati gli artefici di questo processo creativo, migliori saranno i risultati. Se questi dettami non vengono rispettati si passa in rapida successione dal cucinare al cuocere e di qui al riscaldare; purtroppo la profonda rivoluzione culturale che si è abbattuta come un tremendo tsunami sui nostri stili di vita a partire dagli anni settanta ad oggi ha interessato in maniera devastante anche la gastronomia ed ha cambiato in maniera profonda il nostro modo di mangiare e di stare a tavola. L’ampio spazio che le donne hanno lasciato quando sono uscite dall’ampia cucina delle nostre azdore di buona memoria per entrare nel mondo del lavoro, si sono introdotte le multinazionali e la grande distribuzione, le quali seguendo interessi di mero carattere commerciale hanno certamente sopperito ai bisogni che le nuove condizioni imponevano, ma hanno codificato una cucina senza anima, buona per tutti, valida e uguale per tutte le stagioni, una cucina che non rispetta i valori del territorio, che è uguale per tutto l’anno e che soprattutto, a causa della concorrenza e del contenimento dei prezzi è decaduta qualitativamente uccidendo il gusto; da questo punto di vista siamo progressivamente passati dalla cucina del piacere alla cucina della sopravvivenza, una sorta di barbarie alimentare di fronte alla quale non si può essere spettatori inerti e indifesi.


A questo punto bisogna essere più realisti del RE, ed è necessaria un’analisi seria ed approfondita per uscire da questo tunnel senza luce, due cose sono praticamente impossibili e quindi da scartare a priori:


• E’ chiaramente illusorio sperare che la donna torni in cucina e svolga le funzioni delle nostre mogli e delle nostre mamme, sono cresciute in mondi diversi, con funzioni diverse e l’arte del cucinare non è più di loro pertinenza;

• E’ anche illusorio pensare che le multinazionali sacrifichino la logica del profitto e
ripensino una cucina che sia caratterizzata da un ritorno ai prodotti del territorio e della stagione, anche se lo volessero, sarebbe una cosa impossibile da realizzare, in quanto dovrebbero rivolgersi ad una platea troppo vasta,
Io penso che il gravoso compito di coniugare innovazione e tradizione, spetti prima alle piccole aziende artigiane, costituite da piccoli nuclei famigliari, o micro cooperative, le quali potrebbero riportare in auge i prodotti del territorio privilegiando la stagionalità, usufruendo di tutte le opportunità legate agli ammodernamenti tecnologici tipici dei tempi moderni; poi ai barman, ai ristoratori, e agli operatori turistici in genere, che fornendo prodotti, qualificati, sani, non contaminati, possibilmente raccolti nei tempi giusti, non troppo maturi, ma neanche troppo acerbi, trattati con cura, cucinati con equilibrio, conditi e assemblati con amore e fantasia, saranno i protagonisti del nuovo rinascimento gastronomico ed avranno certamente l’apprezzamento e la riconoscenza di chi continua a pensare che il cibo ben cucinato sia uno dei piaceri della vita e che mangiare con gusto privilegiando la qualità aiuti a trovare la felicità e con questa l’ottimismo.