AUTOSTIMA: COSA FARE QUANDO LA BASSA AUTOSTIMA DIVENTA UN PROBLEMA

28/08/2009

Dott. Katia Manduchi (Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale)

Negli ultimi anni il tema dell’autostima è stato varie volte utilizzato in contesti vari e più o meno scientifici. Allo stesso modo questo tema spesso emerge nel nostro linguaggio quotidiano più o meno psicologicamente collegato a momenti stressanti, relazioni interpersonali, comportamenti che fanno riferimento alla cura di sé, relazioni familiari ecc…ecc…

 

Quando parliamo di bassa autostima a cosa facciamo riferimento?

 

Per quanto riguarda l’orientamento cognitivo-comportamentale, la Fennell ha proposto la seguente definizione di autostima: “La nostra visione di noi stessi, i pensieri che abbiamo su noi stessi e il valore che riferiamo a noi stessi come persone” (Fennell, 1999)

Pertanto, in base a questa definizione,  quando utilizziamo il termine autostima facciamo riferimento a:

-         il valore di noi stessi (ad esempio: i nostri desideri, le nostre attitudini, i nostri valori personali ed il rispetto di noi stessi);

-         la valutazione delle affermazioni che riferiamo a noi stessi (ad esempio: “Sono buono”, “Sono cattivo”, “Sono una persona di valore”);

-         i nostri sentimenti relativi a noi stessi(ad esempio: l’empatia, il disprezzo, l’affetto);

-         le nostre tendenze cognitive (ad esempio: la polarizzazione del pensiero, l’attenzione selettiva ad ogni errore);

-         i comportamenti verso noi stessi (ad esempio: farsi paura, essere rudi, essere poco o per nulla attenti al nostro benessere);

-         le aspettative degli altri rispetto a noi (ad esempio: essere trattati amorevolmente, essere puniti/abusati).

 

 

Che cosa succede quando queste caratteristiche vengono ritenute negative nella maggior parte delle situazioni che affrontiamo nella vita? Possiamo parlare di Bassa Autostima?

 

La maggior parte degli autori concorda nel considerare che una visione negativa di sé e delle proprie caratteristiche personali sia uno dei sintomi più evidenti della bassa autostima. Fennell nel definire la bassa autostima, suggerisce di osservare alcuni indicatori particolarmente rappresentativi quali, ad esempio: la presenza di dubbi su se stessi, una modalità di pensiero rivolto verso di sé in maniera negativa e critica, la presenza di serie difficoltà nel considerare la propria persona come di valore e meritevole di essere felice.

Ulteriori espressioni dello stesso disagio possono essere:

v     il mostrare agli altri l’immagine dell’”anima della festa” (ad esempio in situazioni interpersonali le convinzioni disfunzionali che possono emergere sono del tipo: “Se sono l’anima della festa e faccio ridere gli altri allora mi accetteranno”,“Se riesco a compiacere gli altri allora non si accorgeranno del genere di persona che sono realmente”),

v     l’essere sempre sotto controllo e mostrare un’eccessiva sicurezza in sé stessi (ad esempio in situazioni dove viene richiesta una performance alla presenza di un pubblico possono pensare: “Se non sono al massimo e non mostro di essere al massimo allora gli altri si accorgeranno che sono un bluff”),

v     il mettere sempre gli altri per primi non considerando o minimizzando il costo che tale atteggiamento ha nei loro stessi confronti (ad esempio in situazioni dove viene richiesto loro supporto o una consulenza possono pensare: “se non faccio di tutto per compiacere gli altri, allora mi rifiuteranno”, “visto che sono una persona spregevole non mi merito di tenermi tempo, energie, denaro, per me…”).

Date queste premesse iniziali può risultare più chiaro il modello cognitivo-comportamentale proposto dalla Fennell (Fennell 1998), il quale esemplifica lo sviluppo ed il circolo vizioso di mantenimento della bassa autostima.                                    

Esperienze negative precoci

(ad esempio: eventi di vita stressanti durante l’infanzia, relazioni con familiari problematici, vivere in condizioni che implicano una visione di sé negativa)

 

=> Modello negativo di sé

 

( valutazione negativa del proprio valore personale, conclusioni su di sé basate sulle esperienze negative precoci, ad esempio: “Questo è il tipo di persona che sono..inadeguata, incapace, non amabile…ecc…ecc”.

 

 

=> Regole che una persona si dà nella vita

 

(linee guida, strategie che una persona utilizza per arrivare ai propri obiettivi, traendole dal modello negativo di sè)
 

=> Situazioni stimolo

 

(situazioni stimolo nelle quali la persona percepisce che le sue regole della vita rischiano di rompersi o sono fortemente compromesse)

 

=>  Attivazione del modello negativo di sè                  => Previsioni  ansiogene =>

 <=   Depressione <=                                                 => Comportamenti Inefficaci =>   

 <=  Pensiero autocritico <=                                       => Ansia =>

                                <= Conferma del modello negativo di sé                                       

 

All’interno di questo modello è evidente come questo circolo vizioso venga mantenuto inizialmente dalle previsioni ansiogene (cioè da quell’insieme di previsioni negative relative alla riuscita nel superare cambiamenti e situazioni che stimolano l’attivazione del modello negativo di sè). Le previsioni ansiogene a loro volta possono portare sia all’agire con comportamenti inefficaci/protettivi, che a stati di ansia, i quali contribuiscono a confermare il modello negativo della persona. La conferma di tale modello negativo di sé porta la persona a parlarsi in maniera autocritica, predisponendo ad emozioni e pensieri negativi che possono portare a stati depressivi. Viene così completato il circolo di mantenimento della bassa autostima.

            Occupandomi da diversi anni del trattamento dei disturbi alimentari, collaborando in questo tipo di approccio con il medico nutrizionista, dr.ssa Stefania Raimondi, presso il poliambulatorio Valturio, abbiamo avuto modo di osservare come una bassa autostima sia alla base dell’esordio e del rischio di ricaduta all’interno di differenti problematiche che riguardano i comportamenti alimentari, soprattutto nell’età adolescenziale. Inoltre da un punto di vista comportamentale possiamo quotidianamente riscontrate come, in particolari fasi di cambiamento della nostra vita, o in momenti di particolare tensione, alcuni comportamenti in eccesso o in difetto (maggior consumo di alcool, aumento del consumo di sigarette, diminuzione di attività fisica, diminuzione delle attività piacevoli ecc..ecc…) possano essere un efficace indicatore di un abbassamento della nostra autostima a discapito della nostra salute psicofisica.

Un efficace trattamento psicoterapeutico, individualizzato a seconda dei casi, può supportare la persona nel rispondere in maniera più efficace alle diverse problematicità che si trova ad affrontare e accompagnarla verso un cambiamento nel modo di vedere, pensare e sentire sé stesso che lo accompagnerà per tutta la vita.

BIBLIOGRAFIA

v     Bracken Bruce A. 2005 ”Test TMA per la valutazione multidimensionale dell'autostima” ed. Erickson, Trento

v     Fanning Patrick & Mc Kay 2000 “Self-esteem third edition. A proven program of cognitive techniques for assessing, improving & maintaining your self-esteem” ed. New Harbinger, New York

 

 

v     Forsman, Johnson et al. 2003 “Basic Self Esteem Scale” ed. Erickson, Trento

 

 

v     M. Fennell 1998 “Cognitive Therapy in the treatment of low self esteem” Advances in Psychiatric Treatment, vol.4, pg.296-304, London

 

 

v     M. Fennell 1999 “Overcoming low self esteem”  ed. New York University Press, New York

 

 

v     Marilyn J. Soresen 2006 “Breaking the chain of low self esteem”  ed. Wolf Publishing Co, Sherwood OR, U.S.A.

 

 

v     Melanie Fennell 2006 “Overcoming low self esteem. Self help course”  ed.Robinson, London

 

 

v     Rosenberg, Morris 1989 “Society and the Adolescent Self-Image” Revised edition. Middletown, CT: Wesleyan University Press

 

 

v     Stice E., Staw H. 2004 “Eating disorder prevention programs: a meta analytic review” in Psychological Buletin 130(2), pg. 206-27.